

La comprensione dei molteplici aspetti della vita dell'uomo
antico non può prescindere dall'affrontare il problema da
un punto di vista interdisciplinare.
è quindi molto importante che l'Archeologia sia affiancata
da altre discipline scientifiche maggiormente specializzate in specifici
settori di ricerca, tendenzialmente lontani dalla metodologia di
lavoro tipica dall'archeologo tradizionale, ma capaci di integrare
in maniera determinante i risultati ottenuti dall'Archeologia tradizionale,
arrivando ad ottenere una valutazione più completa dei molteplici
aspetti della vita degli individui che facevano parte delle antiche
comunità che hanno popolato il pianeta dal Palelitico in
poi.
In particolare è noto che il cielo con i suoi fenomeni ha
rivestito una fondamentale importanza nella vita quotidiana e nella
sfera del sacro che era tipica dell'uomo antico e la comprensione
di questo aspetto importante delle antiche culture può integrare
in maniera determinate le conoscenze delle antiche culture che ci
derivano dall'analisi dei reperti archeologici che gli scavi ci
restituiscono.
La disciplina capace di realizzare questo esiste e si chiama Archeoastronomia.
Attualmente gli studiosi chiamano Archeoastronomia (taluni preferiscono
Astroarcheologia o Paleoastronomia) la scienza che studia i reperti
archeologici che testimoniano in qualche modo l'esistenza di un'attività
di osservazione e studio dei corpi celesti portati avanti da individui
appartenuti alle culture antiche.
Per Archeoastronomia possiamo quindi intendere la disciplina che
si occupa dello studio e della comprensione delle conoscenze astronomiche
diffuse presso i popoli antichi in tutte le loro forme e aspetti
e del loro rapporto con la vita sociale, religiosa e rituale all'interno
delle antiche comunità.
Sotto questo aspetto qualche studioso preferisce il termine "Astronomia
Culturale".
L'Archeoastronomia è una disciplina giovane in quanto nasce
solo intorno al XVI e XVII secolo quando alcuni studiosi incominciarono
ad intravvedere l'esistenza di possibili collegamenti astronomici
nei reperti litici quali i monumenti megalitici sparsi per tutta
l'Europa settentrionale e occidentale, nelle piramidi egizie o in
altre costruzioni risalenti al Neolitico e all'eta del Bronzo.
L'interesse per queste cose, seppur in misura molto limitata, continuò
anche nel XVIII e XIX secolo.
Uno dei maggiori studiosi fu Sir Norman Lockyer, che intorno alla
metà del 1800, portò a termine alcune ricerche sulle
piramidi egiziane e sui monumenti megalitici europei, suggerendo
la loro possibile orientazione astronomica e pubblicando nel 1898
il suo libro dal titolo "The Dawn of Astronomy".
Sir Norman Lockyer fu praticamente il primo studioso che affrontò
il problema mediante strumenti matematici e non solamente utilizzando
mezzi puramente filologici.
Le ricerche e i risultati ottenuti dall'illustre fisico e astronomo
britannico, a cui tra l'altro dobbiamo la scoperta delle righe dell'Elio
nello spettro solare, non furono presi in seria considerazione anche
per il fatto che egli propose l'Astronomia come metodo indipendente
di datazione dei reperti, cosa questa che sappiamo essere possibile
solamente in un ristrettissimo insieme di casi particolari.
La datazione dei reperti archeologici sulla base del riconoscimento
della presenza di correlazioni con gli eventi astronomici avvenuti
durante l'antichità è caratterizzata generalmente
da un margine d'errore talmente elevato da rendere questo metodo
quasi completamente privo di utilità.
Questi studi conobbero un nuovo sviluppo negli anni intorno al 1960
durante i quali personaggi quali gli inglesi Michael Hoskin e Alexander
Thom, l'americano Gerald Hawkins e altri diedero nuova vita a questa
disciplina con il supporto di nuove scoperte archeologiche e di
nuovi metodi di indagine.
In questo periodo le metodologie di rilevazione e di analisi si
arricchirono di un nuovo strumento di lavoro: il computer il quale
permise di generare facilmente cataloghi di stelle le cui coordinate
potevano essere trasposte in blocco molto indietro nel tempo in
relazione alla datazione dei siti di interesse archeoastronomico
ottenuta mediante nuove tecnologie quali quella ad esempio che si
basa sul tempo di dimezzamento del C14, un isotopo del Carbonio.
Considerando le metodologie e le tecniche utilizzate durante quegli
anni rileviamo la generale e diffusa tendenza a sopravvalutare le
capacità astronomiche degli uomini antichi.
Infatti vagliando la letteratura dell'epoca si ha spesso l'impressione
che più che mettere in risalto ciò che gli esponenti
delle antiche culture avevano imparato ed erano correntemente in
grado di fare nel campo dell'Astronomia, gli studiosi siano caduti
nell'errore di riflettere il loro bagaglio culturale astronomico
moderno nel modo di intendere la Scienza del Cielo proprio degli
antichi.
Questo fatto fu messo in evidenza negli anni '70 inizialmente da
Clive Ruggles in Inghilterra e da Antony Aveni negli Stati Uniti
e attualmente l'atteggiamento degli archeoastronomi si è
decisamente modificato in meglio permettendo una visione più
chiara e un'interpretazione maggiormente costruttiva dei reperti
e dei siti archeologici astronomicamente importanti.
Lo studio dell'Archeoastronomia deve obbligatoriamente basarsi su
fonti che devono essere il più possibile oggettive; infatti
non si deve correre il rischio di vedere tracce di Astronomia in
qualsiasi reperto archeologico.
Esistono sostanzialmente tre tipi di fonti a cui si può fare
riferimento. Esse sono i reperti oggettivi, i reperti scritti intesi
in senso generale e i reperti etnografici.
I reperti oggettivi sono tutti quei reperti i quali sono fisicamente
accessibili ed in quanto tali possono essere ispezionati, rilevati
studiati e misurati.
Tra questi abbiamo ad esempio i monumenti megalitici diffusi in
tutta l'Europa centro-occidentale, i santuari dell'età del
Ferro, prevalentemente costruiti dai Celti, le necropoli risalenti
sia all'età del Bronzo che a quella del Ferro che ai periodi
romano e altomedioevale.
Esistono poi i reperti scritti che comprendono tutto ciò
che è stato direttamente registrato mediante la scrittura
o quantomeno le arti figurative.
Tra di essi, considerati in senso generale, troviamo i testi antichi
redatti mediante la scrittura vera e propria, i petroglifi e le
incisioni rupestri i quali rappresentano pur sempre una importante
forma espressiva e i calendari redatti in forma oggettiva.
Rimangono poi da considerare i reperti etnografici i quali comprendono
tutto il bagaglio di conoscenze e tradizioni popolari tramandate
spesso solo oralmente di generazione in generazione e giunti in
questo modo fino ai giorni nostri.
In questo caso l'informazione contenuta è andata via via
modificandosi ogni qualvolta sia avenuto il processo di trasmissione
orale da una generazione alla successiva.
Questo fatto ha purtroppo contribuito talvolta a corrompere parzialmente
o totalmente il contenuto originale di informazione.
I reperti etnografici quindi comprendono tra l'altro le usanze e
le tradizioni, tramandate spesso oralmente, traccia delle quali
è spesso possibile trovarla interrogando le persone anziane
che vivono nelle nostre campagne, i metodi pratici di misura del
tempo e le antiche festività agricole e pastorali.
L'analisi dei reperti oggettivi deve quindi essere accompagnata
da una contemporanea e adeguata conoscenza dei corrispondenti aspetti
etnografici propri della cultura presso cui sono stati prodotti.
Il punto di partenza base di qualsiasi speculazione in campo Archeoastronomico
è la conoscenza del cielo visibile all'epoca in cui il reperto
fu prodotto e nel luogo in cui il reperto è (o era) fisicamente
ubicato.
Varia e complessa è la problematica relativa alla simulazione
del cielo visibile presso un dato punto del pianeta ed in corrispondenza
di una determinata epoca generalmente molto remota.
Prima di tutto è necessario avere a disposizione un buon
simulatore delle posizioni degli oggetti celesti capace di trasporre
le posizioni da un'epoca all'altra in maniera sufficentemente accurata.
Per quanto riguarda il Sole e le stelle esistono dei buoni algoritmi
di calcolo, ma per quanto riguarda la Luna la situazione diventa
molto più complicata a causa delle irregolarità e
della complessità del suo moto.
In ogni caso una ricerca seria deve presupporre sempre una conoscenza
molto approfondita del software che viene utilizzato per eseguire
le simulazioni e delle sue caratteristiche pena arrivare a conclusioni
completamente errate e prive di fondamento.
Un altro potente mezzo di indagine è rappresentato dall'applicazione
delle tecniche statistiche all'analisi dei reperti.
L'analisi statistica è però possibile solamente qualora
il numero dei campioni che costituiscono l'insieme dei reperti sia
sufficentemente elevato.
Se il numero dei campioni è limitato viene violato uno dei
requisiti fondamentali per poter applicare le tecniche statistiche.
In questo caso è ben difficile riuscire ad ottenere risultati
degni di fede.
La carenza di campioni è un problema cronico in Archeoastronomia.
I campioni disponibili devono essere non solo numerosi, ma anche
statisticamente significativi. Facciamo un esempio.
Supponiamo che l'insieme dei reperti sia costituito da un gruppo
di sepolture facenti parte di una necropoli antica.
L'obbiettivo sia, ad esempio, analizzare la distribuzione degli
assi delle singole sepolture con lo scopo di verificare se esistono
o meno orientazioni preferenziali e in un secondo tempo, se le direzioni
così individuate possono o meno essere astronomicamente significative.
In questo caso il numero di oggetti (tombe) deve essere abbastanza
elevato (diciamo almeno 20 o 30) altrimenti sarà ben difficile
costruire sperimentalmente una distribuzione di frequenze sufficentemente
sicura da poter fornire indicazioni affidabili.
D'altra parte dobbiamo tener presente che se anche la necropoli
fosse composta solamente da sepolture prodotte da una singola popolazione,
la loro distribuzione cronologica potrebbe essere abbastanza ampia.
In questo caso differenti sezioni della necropoli potrebbero essere
state sviluppate in epoche sensibilmente differenti durante le quali
i criteri di sepoltura potevano essere variati più volte
con il trascorrere dei secoli.
In questo caso analizzare tutta la necropoli nel suo complesso equivarrebbe
ad utilizzare un campione statistico di scarsa significatività
e i risultati che si otterranno non potranno essere considerati
degni di fede.
Dobbiamo comunque ricordare che in Archeoastronomia l'omogeneità
e la significatività dei campioni statistici sono requisiti
fondamentali, ma spesso difficilmente raggiungibili.
Un notevole passo avanti può essere fatto sostituendo le
tecniche statistiche con quelle basate sulla cosiddetta "Fuzzy
Logic".
In questo caso è possibile affrontare con successo situazioni
tipiche in campo archeoastronomico e cioè situazioni e problemi
di interpretazione in cui il grado di incertezza inerente è
talmente elevato da precludere il raggiungimento di risultati affidabili
mediante la Statistica.
In questo caso l'incertezza risiede proprio nel fenomeno che si
cerca di interpretare e non nel metodo adottato per interpretarlo.
Alcuni esempi di queste particolari situazioni, comuni in Archeoastronomia
sono i seguenti.
L'identificazione dei corpi celesti (Sole, Luna, Stelle e Pianeti)
verso i cui punti di sorgere e/o tramontare all'orizzonte locale
osservabile presso un sito archeologico di rilevanza astronomica,
potevano essere in origine stati diretti gli allineamenti che rileviamo
in quel sito.
In apparenza questo problema sembrerebbe di semplice ed immediata
soluzione, ma non lo è.
Ad esempio all'interno del fossato che circonda il santuario celto-germanico
di Libenice, a 9 Km da Praga esistono 35 buche nelle quali in origine
erano infissi dei pali che con grande probabilità servirono
per definire le direzioni verso le quali la levata o il tramonto
di talune stelle potevano essere osservate dai Druidi della tribù
celtica dei Boi, in corrispondenza di talune date lungo il corso
dell'anno, intorno al 500 a.C.
In questo caso il grado di incertezza inerente è molto elevato
in quanto molti oggetti celesti, per lo più stelle, potrebbero
essere candidati significativi ad essere il reale obbiettivo dell'allineamento.
La corretta identificazione di questi oggetti trascende l'impiego
delle usuali tecniche statistiche, ma la Logica Fuzzy permette di
ottenere valide risposte tenendo sempre ben presente il grado di
indeterminazione (fuzziness) tipico del problema sul tappeto.
A questo proposito è bene ricordare che talvolta si legge
di studi eseguiti cercando di far collimare gli allineamenti con
i punti di sorgere o di tramontare di qualche astro all'orizzonte
astronomico locale del sito considerato.
Spesso il profilo dell'orizzonte fisico, costituito dal profilo
delle alture disposte lungo l'orizzonte locale non viene preso in
considerazione.
In questo caso possono essere introdotti errori nel valore effettivo
dell'azimuth di sorgere e/o tramontare degli astri dietro le colline
a cui l'allineamento potrebbe essere stato diretto oppure, all'opposto,
si giunge ad associare all'allineamento l'astro sbagliato.
Se possiamo ammettere che il profilo del rilievo montuoso nella
maggioranza dei casi si sia conservato tale e quale attraverso i
secoli e i millenni, non è altrettanto vero per quanto riguarda
il grado di forestazione.
La foresta poteva essere anticamente presente, ma ora non esserlo
più o viceversa, questo introduce un errore che può
essere astronomicamente molto significativo e che dipende dall'altezza
della vegetazione originariamente presente e dalla distanza delle
alture dal sito.
Infatti, tanto per fare un esempio, alla latitudine di 45 gradi
trascurare l'altezza dell'orizzonte fisico rappresentato da una
collina alta un grado d'arco corrisponde a commettere un errore
altrettanto grande nel calcolo dell'azimuth di prima visibilità
alla levata o quello di ultima visibilità al tramonto di
un astro, equivalente grosso modo al doppio delle dimensioni angolari
apparenti del disco solare o lunare.
La situzione è comunque ancora più complessa e sfavorevole
in quanto l'osservazione del sorgere degli astri è contrastata
dal fenomeno dell'estinzione atmosferica in quanto l'osservazione
è compiuta al livello dell'orizzonte.
L'estinzione atmosferica dipende dalla trasparenza dell'aria in
direzione dell'astro osservato e ne deriverà un assorbimento
della luce della stella che dipende dal grado di purezza e di trasparenza
dell'atmosfera in quel momento, dal colore dell'oggetto e dalla
sua magnitudine visuale apparente, cioè la sua luminosità
che possiamo osservare con i nostri occhi.
Una teoria adeguata capace di descrivere in maniera sufficentemente
accurata questo fenomeno è molto difficile da sviluppare
in quanto le variabili in gioco sono molte e tutte difficilmente
quantificabili in maniera adeguata.
I parametri sono anche rapidamente variabili in maniera spesso completamente
impredicibile.
Dal punto di vista archeoastronomico la situazione è tale
per cui non è più corretto parlare di azimut di sorgere
o di tramontare di un astro, ma è più adeguato parlare
di altezza di "prima" o di "ultima" visibilità
e quindi dei corrispondenti azimut proiettati sull'orizzonte fisico
locale. Infatti una stella che sorge rimarrà invisibile all'osservatore
fintanto che la sua altezza sull'orizzonte avrà raggiunto
un valore minimo tale per cui l'assorbimento atmosferico non sarà
più in grado di assorbire completamente la luce proveniente
dalla stella durante l'attraversamento degli strati di atmosfera
terrestre interposti tra l'osservatore e l'astro.
Quella particolare altezza sarà denominata "altezza
di prima visibilità" e il suo valore sarà fortemente
variabile di giorno in giorno e di ora in ora, anche di parecchi
gradi.
Variando l'altezza varierà in relazione anche "l'azimut
di prima visibilità" in modo altrettanto rapido, casuale
e notevole.
Gli antichi uomini che decisero di orientare un allineamento verso
il punto di prima o di ultima visibilità di una determinata
stella non potevano definire una posizione univoca sul loro orizzonte
locale, ma solamente individuare un particolare segmento di esso
e verso quel segmento dirigere la linea di pietre o di pali o l'asse
di una tomba.
è possibile calcolare che le dimensioni di quel segmento
di orizzonte dipendono dai coefficenti di estinzione atmosferica
locale e dalla magnitudine visuale apparente della stella verso
cui si desidera orientare l'allineamento in quanto più debole
è la stella e maggiormente la sua luce sarà affetta
dai problemi derivanti dall'ottica atmosferica.
Un'altro problema in cui l'ottica atmosferica gioca un ruolo determinante
è rappresentato dal riconoscimento degli allineamenti orientati
in modo da essere diretti verso i punti dell'orizzonte in corrispondenza
del quale gli astri sorgevano o tramontavano eliacalmente.
La data della levata eliaca di un astro è il primo giorno
dell'anno in corrispondenza del quale è possibile osservare
l'astro poco prima che venga offuscato dalla luce del Sole prossimo
al sorgere.
Analogamente la data di tramonto eliaco è l'ultimo giorno
in cui l'astro può essere osservato visualmente di prima
sera poco prima di essere raggiunto dai bagliori del Sole.
Al calcolo della data teorica di levata o tramonto eliaci di una
stella in corrispondenza di una determinata località geografica,
in una certa epoca nell'antichità sembrerebbe a prima vista
solamente una questione di Astronomia Sferica e quindi risolvibile
calcolando gli opportuni archi e angoli sulla sfera celeste.
Infatti basterebbe calcolare la longitudine eclittica del Sole in
corrispondenza della quale, sia esso che la stella si trovino in
particolari posizioni reciproche rispetto all'orizzonte locale.
Dalla longitudine eclittica del Sole si potrebbe ricavare la data
della levata o del tramonto eliaci per la stella considerata.
Il metodo è matematicamente corretto, ed è geometria
pura, e cosi fu applicato fino ai giorni nostri dagli studiosi,
però funzionerebbe bene solamente se la Terra fosse priva
di atmosfera, potremmo definirlo un "Crystal Ball Method"
in quanto suppone la sfera celeste che siamo in grado di osservare
ad occhio nudo come fosse una splendida e purissima palla di cristallo.
Un modello più sofisticato e più realistico deve tenere
conto sia delle proprietà ottiche dell'atmosfera sia degli
effetti prodotti dalla diffusione della luce solare al crepuscolo,
sia delle caratteristiche neurofisiologiche del sistema visivo umano
in quanto nell'antichità i fenomeni eliaci erano ovviamente
osservati solamente ad occhio nudo.
In questo caso solo una rete neuronale artificiale può riprodurre
con sufficente approssimazione quello che veramente accade e quindi
essere in grado di fornire una consistente valutazione del giorno
dell'anno in corrispondenza del quale avveniva la levata o il tramonto
eliaco di una stella di data magnitudine visuale apparente in una
determinata epoca antica.
Ritorneremo più oltre su questo argomento, ma ora dobbiamo
considerare un'altro problema fondamentale e cioè quello
relativo a cosa sia in realtà un "allineamento"
diretto verso un "determinato punto dell'orizzonte locale".
Praticamente tutta l'Archeoastronomia è fondata sulla nozione
di allineamento che potremmo sintetizzare mediante la seguente definizione
formale: "un allineamento è un segmento orientato che
interseca la linea dell'orizzonte astronomico locale in un punto".
Questa definizione è formalmente esatta, ma ben poco operativa
dal punto di vista pratico.
Gli allineamenti che possiamo rilevare nei siti di interesse archeoastronomico
possono essere di due tipi: allineamenti esatti e allineamenti simbolici.
Gli allineamenti di monoliti o buche di palo sono stati in passato
considerati come realizzazioni statistiche di direzioni esatte orientate
verso precisi punti dell'orizzonte locale.
L'errore di posizionamento era, secondo questo modo di vedere le
cose, descrivibile in termini di variabili casuali che ammettono
una funzione Densità di Probabilità, quindi l'analisi
del sito poteva procedere con l'impiego di metodi basati sulla Statistica,
e quindi sulla tradizionale Teoria della Probabilità.
Vedremo ora perché questo approccio è metodologicamente
e concettualmente scorretto.
Gli allineamenti simbolici richiedono invece solo che il posizionamento
dei marcatori (monoliti e/o pali) fosse disposto già in origine
in maniera grossolana, non per cattivo lavoro da parte dei costruttori,
ma perché non esisteva la reale necessità di costruirli
esattamente diretti verso un determinato punto dell'orizzonte locale
dove sorgeva o tramontava un astro.
Allineamenti di questo tipo non sono trattabili mediante gli usuali
metodi statistici, ma richiedono l'applicazione di tecniche basate
sulla Logica Fuzzy che sostituiscono alla nozione di Probabilità
quella di Possibilità e che forniscono gli strumenti matematici
necessari al trattamento delle informazioni secondo questa differente
ottica.
In realtà possiamo facilmente renderci conto che gli allineamenti
"esatti" non esistono in quanto nulla ci autorizza a ritenere
la disposizione dei monoliti o delle buche di palo che rileviamo
in un sito come affetti da errori casuali.
Gli allineamenti saranno quindi del tutto frutto di disposizioni
simboliche dei mercatori che li definiscono e gli errori rispetto
alle direzioni vere (che tra l'altro è proprio quello che
ci si prefigge di determinare con l'indagine archeoastronomica)
non è detto che siano tali, ma potrebbero essere frutto di
un deliberato criterio adottatto dai primi uomini nel disporli.
Come trattare simili situazioni, nel momento in cui l'analisi dei
dati richiede per forza di cose di eseguire alcune valutazioni,
il più oggettive possibile, ad esempio, dell'incertezza con
cui un allineamento definito da due o più monoliti (o buche
di palo) è in grado di materializzare sul terreno una determinata
direzione (non necessariamente astronomicamente significativa) stabilita
dal suo azimut astronomico (geodetico) misurato in, senso orario,
rispetto alla direzione settentrionale del meridiano astronomico
locale.
Il metodo più efficace attualmente utilizzabile è
il M.I.R. (Minimo Inviluppo Rettangolare), basato su concetti di
Logica Fuzzy e sviluppato negli ultimi anni da A. Gaspani e le cui
potenzialità non sono ancora state completamente esplotrate,
per cui le ricerche sono ancora in corso.
La Logica Fuzzy introdotta da Lofti Zadeh nel 1965, sostituisce
alla nozione di "Probabilità" quella di "Possibilità"
e a quella di "Distribuzione di Probabilità" quella
di " Funzione di Appartenenza" (ad un insieme fuzzy).
L'analisi di un allineamento presente in un sito procederà
qiundi calcolando non più la probabilità che esso
sia diretto verso il punto di sorgere (o tramontare) di un certo
astro ad una certa data lungo l'anno, bensì la possibilità
che il punto individuato dall'allineamento sia in relazione con
un astro o un gruppo di astri che sorgevano tutti nelle immediate
vicinanze di quel punto dell'orizzonte locale ad una certa epoca.
Ciascuna stella costituisce il centro di un insieme fuzzy (fuzzy
set) e ogni allineamento rappresenta un punto all'interno di uell'insieme.
L'insieme ha i contorni "sfumati" (fuzzy) in quanto non
possiamo sapere quale fosse in origine il criterio simbolico adottato
da chi costruì il sito in esame e se un allineamento risulta
correlato con un astro oppure con una stella ad esso vicina sulla
sfera celeste.
Pur non avendo un confine ben definito siamo obbligati comunque
a stabilire, per ragioni pratiche, una dimensione per gli insiemi
fuzzy (fuzzy sets) utilizzati durante la rilevazione e l'analisi
di un sito.
Molti fattori condizionano la dimensione di un insieme, tra di essi
alcuni rivestono particolare importanza. Il primo è l'incertezza
sulla collocazione cronologica del sito.
Infatti l'azimut teorico di sorgere e/o tramontare di un astro può
variare per effetto della precessione degli equinozi che cambia
la sua declinazione.
Questa variazione è lenta per il Sole e la Luna in quanto
la variazione delle loro declinazioni estreme è condizionata
principalmente dalla lenta oscillazione dell'obliquità dell'eclittica
il cui ciclo di pochi gradi di ampiezza si compie in poco più
di 41000 anni, quindi i punti di levata e di tramonto del Sole ai
solstizi e agli equinozi e della Luna ai lunistizi si spostano sull'orizzonte
astronomico locale in maniera molto lenta.
Questo fa si che in 1000 anni tali posizioni non varino di molto
in corrispondenza di una determinata località geografica.
Nel caso delle stelle invece la variazione precessionale della declinazione
è più elevata essendo il periodo precessionale prossimo
ai 26000 anni e l'ampiezza di variazione maggiore.
Durante l'analisi di un sito è necessario disporre almeno
di un valore approssimativo (ma non troppo in errore rispetto al
vero) dell'epoca in cui il sito fu costruito oppure della fase archeologica
in corrispondenza della quale furono disposti i marcatori che definiscono
gli allineamenti da studiare.
Talvolta buone datazioni basate sul C14 sono disponibili, ma non
sempre è così per cui nella maggioranza dei casi abbiamo
a disposizione non un'epoca media bensì un intervallo ampio
anche un secolo o più nel quale gli archeologi collocano
cronologicamente il sito o la fase che ci interessa.
Ciascun valore temporale compreso nell'intervallo indicato è
caratterizzato dalla medesima probabilità di essere quello
buono, sia che sia situato in mezzo all'intervallo sia che ne sia
agli estremi.
L'ampiezza dell'intervallo di datazione corrisponde sull'orizzonte
ad un segmento entro cui poteva essere visto sorgere o tramontare
l'astro che poteva essere connesso con l'allineamento presente nel
sito.
Appropriate formule di Astronomia Sferica ci permettono di determinare
tale intervallo entro cui potrebbero sorgere o tramontare vari astri
diversi i quali hanno tutti la stessa possibilità di essere
stati ritenuti importanti dai costruttori dell'allineamento in esame.
Le variazioni di azimut crescono andando dall'equatore ai poli della
Terra quindi maggiore è la latitudine geografica del sito,
maggiore sarà lo spostamento dei punti di levata e di tramonto
della stella.
Generalmente sul territorio europeo i siti archeoastronomici sono
posti frequentemente a latitudini elevate, dai 45 a oltre 60 gradi
quindi l'incertezza sulla datazione del sito condiziona in maniera
rilevante l'affidabilità dei risultati potenzialmente ottenibili.
Il secondo fattore di "fuzziness" è rappresentato
dall'incertezza insita nella disposizione dei marcatori (monoliti,
buche di palo o altro), quale fu ideata da chi li dispose, la quale
introduce un ulteriore quanto inevitabile segmento d'errore associato
all'azimut teoricamente identificato dall'allineamento.
Il terzo fattore di incertezza risiede nella scarsa conoscenza del
profilo dell'orizzonte fisico all'epoca alla quale il sito risale
e della sua altezza apparente rispetto all'orizzonte astronomico
locale.
In questo caso possono essere introdotti errori nel valore teorico
dell'azimut di sorgere e/o tramontare degli astri.
Questo problema è in parte risolvibile con la rilevazione,
passo passo, mediante un teodolite o, in modo meno accurato mediante
il clinometro, del profilo dell'orizzonte fisico locale visibile
dal sito in studio.
Spesso però questo lavoro di rilevazione non è possibile
in quanto l'edilizia residenziale moderna può avere modificato
in maniera sostanziale il profilo dell'orizzonte visibile rendendolo
completamente diverso da quello antico, o a causa di altre ragioni.
Il quarto fattore di incertezza risiede nelle presenza di errori
sistematici nell'orientazione delle planimetrie e delle griglie
di scavo pubblicate dagli archeologi che possono talvolta arrivare
anche a qualche grado.
Generalmente la via più sicura è quella di ripetere
le misure di orientazione direttamente sul campo impiegando strumentazione
moderna e affidabile e tecniche rigorose, ma talvolta ciò
non è possibile in quanto, come accade spesso nel caso delle
necropoli dell'eta del Bronzo e del Ferro, esse non esistono più
e al loro posto attualmente si trovano case e palazzi costruiti
dopo che il luogo è stato "archeologicamente bonificato"
come dicono gli imprenditori nel campo dell'edilizia, cioè
dopo che tutti i reperti sono stati rimossi dalle loro sedi originali
e trasportati nei musei.
Appare immediatamente evidente quale e quanta informazione sia stata
in questo modo distrutta ed irrimediabilmente persa.
In questo caso è necessaria un'accurata analisi delle planimetrie
originali degli scavi e quasi sempre risulta indispensabile un colloquio
con coloro che le redassero, qualora ciò sia possibile.
L'errore sistematico di orientazione planimetrica si traduce direttamente
nel corrispondente errore sistematico in tutti gli azimuth degli
allineamenti presenti nel sito considerato.
Il quinto fattore di incertezza è legato ai problemi derivanti
dall'ottica dell'atmosfera della Terra.
Infatti gli effetti dovuti alla Rifrazione ed all'Estinzione sono
molto pesanti in corrispondenza di ridotte altezze sull'orizzonte
locale e bisogna tenerne conto nel calcolo degli azimut teorici
di levata e di tramonto degli astri che potrebbero essere stati
importanti per gli uomini che anticamente operarono nel sito considerato.
Tutti questi fattori e altri ancora, introducono tanti e tali errori
nelle valutazioni che devono essere eseguite durante l'analisi dei
siti e dei reperti di interesse archeoastronomico che risulta estremamente
facile arrivare a dei risultati che a prima vista sembrerebbero
accettabili, ma che ad un esame più approfondito risultano
successivamente solo frutto di errori sistematici nei criteri adottati
dallo studioso durante l'analisi del sito o del reperto in questione.
Appare quindi evidente che lo sforzo teso a mettere a punto tecniche
molto raffinate e ad applicarle praticamente alla fine ripaga con
il raggiungimento di risultati degni di fede.
Le reti neuronali artificiali si sono rivelate un mezzo molto efficace
per affrontare e risolvere i problemi archeoastronomici affetti
da tutte queste situazioni di incertezza quindi è necessario
dire qualcosa in più relativamente ad esse.
Durante gli ultimi anni sono andate affermandosi nuove metodologie
utili alla soluzione di molti problemi matematici la cui complessità
è tale da non essere affrontabili in maniera adeguata mediante
tecniche basate su algoritmi dotati di una struttura predefinita.
Tra queste nuove tecniche vanno annoverate quelle basate sulle reti
neuronali artificiali e sui sistemi neuro-fuzzy.
Un algoritmo dotsto di struttura predefinita prevede una sequenza
finita di operazioni da eseguire fissata in anticipo e generalmente
scelta in relazione al problema da risolvere.
Un algoritmo di questo genere, una volta codificato in un programma
per computer, è in grado di risolvere solamente un determinato
problema o una limitata classe di problemi molto simili a quello
per cui l'algoritmo è stato originalmente progettato.
Le reti neuronali artificiali invece si basano su un principio completamente
differente.
Esse tentano di simulare, per ora in modo ancora abbastanza grossolano,
ma con buone prestazioni, il modo con cui la corteccia cerebrale
del cervello degli esseri viventi analizza ed elabora le informazioni
sensoriali provenienti dall'ambiente circostante.
In questo caso il metodo di analisi dell'informazione non prevede
più una sequenza prefissata di operazioni strettamente legate
alla natura del problema da risolvere e da eseguire secondo uno
schema rigido e fissato in anticipo, ma solamente alcune semplici
regole di calcolo del tutto generali che nulla hanno direttamente
a che fare con il problema sul tappeto, ma che permettono alla rete
neuronale artificiale di "imparare" a risolvere quel problema
dopo che le si è presentato in ingresso un campionario più
vasto possibile di dati iniziali e di corrispondenti soluzioni corrette.
In altri termini, una rete neuronale artificiale deve essere preventivamente
"addestrata" a risolvere un dato problema o una classe
di problemi nello stesso modo in cui un essere vivente apprende
la metodologia più efficace per trarre informazioni utili
dalla elaborazione dagli stimoli provenienti dall'ambiente che lo
circonda.
Successivamente quando l'addestramento sarà sufficentemente
avanzato le reti neuronali artificiali saranno in grado di risolvere
con successo non un solo problema, come avviene negli algoritmi
tradizionali, ma gran parte dei problemi appartenenti alla stessa
classe a cui i dati utilizzati per l'addestramento si riferiscono.
Un'altro campo in cui le prestazioni delle reti neuronali artificiali
risultano superiori è quello dell'automatizzazione delle
procedure di analisi per mezzo di sistemi intelligenti in grado
di decidere (dopo una opportuna fase di addestramento su soluzioni
note) quale sia la via più conveniente da seguire per analizzare
un determinato reperto archeologico mettendo in evidenza se il reperto
abbia o meno rilevanza astronomica.
Nei paradigmi neuronali artificiali NON è rigidamente pre-codificato
un insieme finito e rigido di criteri o scelte possibili come accade
per le applicazioni basate sull'Intelligenza Artificiale.
In questo caso la macchina neuronale artificiale è in grado
di compiere scelte autonome sulla base del suo grado di addestramento
e non dei rigidi criteri di valutazione inseriti soggettivamente
del loro programmatore.
Qualora un problema risolvibile mediante una rete neuronale artificiale
contenga una elevata quantità di incertezza inerente è
possibile, codificare un paradigma neuronale basato sulla logica
fuzzy e applicarlo con successo alla soluzione di problemi di rilevamento
e interpretazione dei siti che potrebbero essere significativi dal
punto di vista archeoastronomico.
In Archeoastronomia abbondano i problemi che risultano essere molto
adatti ad essere affrontati mediante le reti neuronali artificiali
e la logica fuzzy.
Vediamo ora alcuni esempi di problemi in cui tale approccio risulta
essere molto vantaggioso.
L'analisi automatizzata della distribuzione spaziale delle sepolture
all'interno di una necropoli antica richiede di identificare sepolture
che presentano caratteristiche tali da suggerire l'esistenza di
correlazioni tra di loro.
Le necropoli corrispondono quasi sempre a luoghi sacri dove la frequentazione
risulta distribuita su periodi cronologici che si possono estendere
anche per alcuni secoli.
Ad esempio la necropoli paleocristiana del Priamar, a Savona, comprende
sepolture che vanno dal terzo al settimo secolo dopo Cristo.
Periodi di frequentazione simili possono essere rilevati nel caso
delle necropoli celtiche della Marna o della Champagne, in Francia
che si svilupparono dal V al III secolo a.C. oppure nel caso di
quella di Casalecchio di Reno presso Bologna in cui la comunità
celtica dei Boi seppellì i propri defunti per circa 200 anni.
Usualmente è possibile stabilire correlazioni tra gruppi
di sepolture appartenenti allo stesso clan o agli stessi gruppi
famigliari entro determeninati segmenti cronologici basandosi sulla
presenza di elementi comuni nel corredo funerario reperito entro
ciascuna sepoltura.
Talvolta ciò non è possibile a causa della povertà
delle sepolture e della conseguente carenza negli elementi di corredo.
In questo caso la distribuzione spaziale e l'orientazione delle
singole sepolture possono essere caratterizzate da elementi comuni
che le reti neuronali artificiali sono in grado di rilevare con
estrema efficenza arrivando a classificare ciascuna sepoltura in
una delle varie classi possibili a seconda della posizione reciproca
rispetto a quelle vicine e alla loro orientazione rispetto alle
direzioni astronomiche fondamentali.
La stima dell'orientazione globale di una necropoli antica nel suo
complesso e l'identificazione delle linee di sviluppo topografico
lungo i secoli sono problemi che sono stati efficentemente affrontati
e brillantemente risolti mediante l'applicazione di particolari
reti neuronali artificiali denominate estrattrici di componente
principale.
In questo caso il vettore che definisce la componente principale
è legato, mediante rigorosa teoria, all'azimut che identifica
la direzione complessiva di orientazione dell'intera necropoli rispetto
al meridiano astronomico locale.
Un esempio emblematico è stata la determinazione della direzione
globale di sviluppo della necropoli romana, ad incinerazione, risalente
all'epoca augusto-tiberina situata a Curno, un sobborgo di Bergamo
in cui tutte le usuali tecniche di regressione lineare fallirono,
mentre una rete neuronale artificiale fu in grado di determinare
una soluzione stabile risultata poi concorde con i criteri di centuriazione
romana che erano stati applicati in quel luogo in età augusto-tiberina.
Un altro caso emblematico è stata l'analisi di "Ale
Stenar", ovvero la "Nave di Ale", la tomba di un
capo vichingo situata nella regione dello Scania (Svezia Meridionale),
risalente circa all'anno 1000 e formata da monoliti disposti a formare
il profilo simbolico di una nave.
Anche in questo caso l'analisi eseguita con tecniche neuronali artificiali
risultò vincente rispetto alle tecniche statistiche usuali.
La costruzione sperimentale della Funzione Densità di Probabilità
direttamente sulla base dei reperti disponibili quando i campioni
sono scarsi o poco omogenei è un'altro problema brillantemente
affrontabile e risolvibile mediante le reti neuronali artificiali
cosiddette "a Base Radiale" per via delle proprietà
matematiche delle funzioni da esse impiegate.
Queste tecniche sono state impiegate con successo nell'analisi dei
grandi recinti quadrangolari rituali celtici, i cosiddetti "Viereckschanzen"
sparsi per tutta l'Europa centrale, gran parte dei quali risultarono
così astronomicamente orientati.
L'analisi eseguita mediante tecniche statistiche convenzionali avrebbe
potuto mettere in evidenza tali orientazioni pressappoco allo stesso
modo, ma l'impiego delle reti neuronali artificiali e della logica
fuzzy ha permesso di estrarre i criteri generali di orientazione
comuni alla grande maggioranza dei "Viereckschanzen" secondo
la distribuzione geografica, mettendo in evidenza la notevole similitudine
dei criteri costruttivi adottati da differenti tribu celtiche presenti
sul territorio europeo durante la seconda metà dell'età
del Ferro.
Un altro problema interessante riguarda la discriminazione tra allineamenti
di natura puramente architetturale da allineamenti possibilmente
astronomicamente significativi.
In questo caso esistono configurazioni di marcatori, soprattutto
buche di palo, la cui regolarità e la cui ridotta distanza
reciproca suggerirebbero una maggior probabilità di impiego
architettonico (per esempio pali destinati a sostenere una struttura
di copertura) che di uso astronomico (pali infissi per definire
direzioni e allineamenti).
In questo caso non esistono regole fisse per discriminare per cui
generalmente è l'esperienza dell'archeologo a risultare determinante.
Infatti il parametro che risulta essere di fondamentale importanza
in questo contesto è il grado di regolarità della
configurazione delle buche e la loro distanza reciproca, in parole
tecniche l'Entropia della configurazione rilevata sul terreno.
In un simile contesto un sistema neuro-fuzzy convenientemente addestrato
è in grado di riconoscere le configurazioni e valutare la
probabilità di significatività architetturale e di
lasciare aperta o meno la via a successive indagini archeoastronomiche.
Va prestata attenzione anche al fatto che nonostante alcuni pali
potessero essere parte di una semplice costruzione, quindi architettonicamente
ignificativi, l'intera costruzione potrebbe essere astronomicamente
orientata.
Un caso emblematico è rappresentato dai piccoli santuari
celtici di età lateniana i quali sono generalmente costituiti
da un fossato quadrangolare di 6-10 metri di lato al centro del
quale è generalmente posta la tomba di un personaggio di
rilievo.
Intorno alla tomba si rilevano, salvo rari casi, quattro buche di
palo disposte con molta regolarità.
Attualmente si pensa che potessere sostenere una copertura posta
a protezione della tomba oltre che a delimitare uno spazio sacro
il cui accesso era consentito solo agli esponenti della classe sacerdotale.
Gli archeologi non sono però certi di ciò, ma i sistemi
neuro-fuzzy che abbiamo impiegato per analizzare questi siti sembrerebbero
confermare questa ipotesi.
Oltre ad essere di probabile natura architetturale, le buche mostrano
molto frequentemente disposizioni astronomicanemente orientate.
Altri casi invece sono molto meno chiari quindi il ricorso a tecniche
quali quelle descritte risultano molto utili a classificare correttamente
i possibili allineamenti, entro il sito considerato, che potrebbero
avere rilevanza astronomica.
di Adriano Gaspani
gaspani@brera.mi.astro.it




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